sabato 7 aprile 2018

Giuseppe Tripari, ultrarunner: L’esperienza insegna ad ascoltare il proprio corpo

Matteo Simone

Si respira un’aria particolare di festa in occasione delle gare di maratone e ultramaratone.

Tanti corridori che si organizzano e si incontrando, tanti spettatori e ai ristori un po’ di alimenti e bevande per integrarsi e continuare fino all'arrivo.
Di seguito, Giuseppe racconta la sua esperienza rispondendo al alcune mie domande,.
Come decidi obiettivi e strategie di gara? Amici, famiglia, figure professionali?Nell'ambiente ho veramente tantissimi conoscenti, molti dei quali sono veri amici; e mi riferisco a tutto il gruppo dell’Happy Runner di Milano, mia attuale società di appartenenza, e al gruppo della Podistica San Giovanni a Piro, mio club di origine, dove conosco tutti e dove con moltissimi abbiamo vissuto i migliori anni dell’infanzia. Ho un profilo social e qui i contatti sono innumerevoli. 
La mia famiglia (mia moglie Caterina e le mie due figlie Martina e Federica) mi è sempre stata vicina appoggiando in ogni modo i progetti e non facendomi pesare niente. Non posso che ringraziarli ancora una volta per la pazienza e affetto. Gli obiettivi li gestisco generalmente in modo autonomo, nel senso che fisso 3-4 appuntamenti chiave (che possono essere il Passatore, Nove Colli o la Spartathlon, o un campionato nazionale di 6, 12 o 24 ore, e una maratona estera di prestigio) e poi tutte le altre competizioni hanno come finalità la preparazione di questi appuntamenti. 
Figure professionali di grandissima importanza sono alcuni medici/fisiatri/fisioterapisti, dell’Ospedale San Paolo (dove lavoro) che sono sempre disponibile in caso di problemi. Li ringrazio moltissimo per la loro elevata formazione e professionalità; il loro contributo è sempre stato di fondamentale importanza. Grazie veramente!

Rispondere a questo questionario diventa una buona occasione per ringraziare un po’ tutti, amici, familiari e persone che si occupano della nostra salute, della nostra preparazione, che ci permettono di sperimentare benessere e performance attraverso lo sport.
Con l’esperienza è cambiato il tuo modo di allenarti?Per allenarsi non serve molta esperienza ma solo voglia di soffrire, di sacrificarsi e di fare una scaletta delle priorità giorno dopo giorno. Con l’esperienza ho imparato, o sto perlomeno cercando di farlo, ad ascoltare gli stimoli che il corpo ci trasmette ogni qualvolta si fa uno sforzo fisico più o meno intenso e prolungato. Uno dei miei limiti è sempre stato quello di voler strafare, di non mettere da parte un appuntamento anche se in condizioni fisiche non al top. Adesso, anche se ancora a fatica, ho capito quando è il momento di fermarsi. Nel tempo ho imparato che spesso il riposo, o il riposo attivo, è più utile a lungo termine di un allenamento massacrante. L’esperienza insegna ad ascoltare il proprio corpo e a seguire i suoi dettami.

E’ vero a volte è importante fermarsi, per recuperare, per aspettare di recuperare bene per ripartire alla grande con più consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti.
Curi la preparazione mentale? Coccole hanno posto nella tua preparazione?Mentalmente non seguo nessun protocollo, sono istintivo, non mi faccio problemi che non esistono; devo fare un lunghissimo di 6 ore? Lo affronto con tranquillità e senza ansie. Vivo alla giornata cercando di trovare lo spazio per la mia grande passione molte volte mi faccio in quattro pur di passare un oretta con le scarpette.”

Si è capito che le coccole per Giuseppe così per molti ultrarunner sono proprio le ore passate facendo sport, mettersi le scarpette ai piedi e uscire per una corsetta di un’ora o 6 ore diventa una grande coccola, un tempo per sé, qualcosa che ti fa sperimentare grande benessere psicofisico.
Quali sensazioni sperimenti prima, durante e dopo la gara? Per un corridore di endurance le sensazioni che si provano dopo una corsa di svariate ore sono uniche e indescrivibili. Sei stanco morto, disidratato, affamato, assetato, con i muscoli di pietra, ma nel circolo sanguigno ci sono tassi di endorfine che provocano un senso di calma, di appagamento e di benessere totale. 
Durante le gare, a differenza di molti colleghi che usano le cuffiette con musica per distrarsi, sono concentrato sulla competizione, teso ad ascoltare le reazioni del mio corpo e a controllare la cadenza tenuta. Nel pre-gara, soprattutto se si tratta di gare di un certo livello agonistico, non nascondo di essere un po’ nervoso; ma basta la battuta dell’amico di turno per smorzare i toni e ingannare l’attesa del colpo di pistola.”

Chiamateli pure masochisti ma dietro e dopo una gara di endurance c’è un mondo, ci sono sensazioni vere, c’è la vera vita, bisogna provarlo per crederlo e apprezzarlo. Altro che pazzia, a volte la cura diventa l’ultramaratona, sempre con cautela e attenzione.
Hai un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno? Sono juventino nel midollo e potrei citare la formazione che tra poche ore si giocherà la Champions. Mi piace il calcio, lo segue sempre con grande interesse e passione smodata. All'inizio della mia carriera seguivo molto l’amico Gerry Di Napoli ma sinceramente se devo fare il nome di uno sportivo-modello la scelta cade obbligatoriamente su Giorgio Calcaterra che ha di gran lunga annichilito i record della Juve; se la memoria non mi tradisce il taxista volante ha conquistato la dodicesima vittoria consecutiva al Passatore sempre contro avversari (molto spesso più giovani) molto tosti e con prestazioni cronometriche di grande spessore. 
Un personaggio vero, atleta esemplare, un ragazzo che saluta sempre per primo, che è disponibile per un consiglio o una battuta. Un ragazzo che non si è montato la testa e che è in grado di correre i 100 km del Passatore a meno di quattro minuti al km. E non una volta nella vita, ma tutti gli anni da più di un decennio. Ho poi una grande stima nei confronti del caro amico Marco Bonfiglio, bravissima persona, disponibile, di grande compagnia di fronte a un buon gelato… pronta a dare consigli e a mettersi in gioco in tutte le situazioni.”

Bella storia, Calcaterra meriterebbe il Nobel della 100 km, nominato da tutti, fotografato con tutti, nella storia Italiana della 100 km, Mister 100 km.
Una parola o una frase che ti aiuta a crederci e impegnarti?Non sono scaramantico, non ripeto le stesse parole o frasi; però spostare il pensiero verso immagini felici della mia famiglia mi aiuta tantissimo. Anche i ragazzi di via Salieri (la via dove io abito) mi aiutano: un gruppo vero dove si aggrega Amicizia e Sport TripRunner.”

Un’intervista a Giuseppe è riportata nel mio libro La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.
La 100 km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza: Cosa significa correre una gara di 100 km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza? La 100 km del Passatore è una classica e famosa gara di corsa a piedi da Firenze a Faenza. Lo stesso autore ha partecipato a questa gara sperimentandosi e comprendendo cosa significa fare sport per tante ore, andando incontro a crisi da superare, mettendo in atto strategie per andare avanti e portare a termine la competizione. 
È un libro che racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione. Sono trattati aspetti della psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso.

Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
21163@tiscali.it +393804337230

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