Matteo Simone
Si respira un’aria particolare di festa in occasione delle gare di maratone e ultramaratone.
Tanti
corridori che si organizzano e si incontrando, tanti spettatori e ai ristori un
po’ di alimenti e bevande per integrarsi e continuare fino all'arrivo.
Di seguito, Giuseppe racconta
la sua esperienza rispondendo al alcune mie domande,.
Come decidi obiettivi e strategie di gara? Amici, famiglia, figure
professionali? “Nell'ambiente ho veramente
tantissimi conoscenti, molti dei quali sono veri amici; e mi riferisco a tutto
il gruppo dell’Happy Runner di Milano, mia attuale società di appartenenza, e
al gruppo della Podistica San Giovanni a Piro, mio club di origine, dove
conosco tutti e dove con moltissimi abbiamo vissuto i migliori anni
dell’infanzia. Ho un profilo social e qui i contatti sono innumerevoli.
La mia
famiglia (mia moglie Caterina e le mie due figlie Martina e Federica) mi è
sempre stata vicina appoggiando in ogni modo i progetti e non facendomi pesare
niente. Non posso che ringraziarli ancora una volta per la pazienza e affetto.
Gli obiettivi li gestisco generalmente in modo autonomo, nel senso che fisso
3-4 appuntamenti chiave (che possono essere il Passatore, Nove Colli o la
Spartathlon, o un campionato nazionale di 6, 12 o 24 ore, e una maratona estera
di prestigio) e poi tutte le altre competizioni hanno come finalità la
preparazione di questi appuntamenti.
Figure professionali di grandissima
importanza sono alcuni medici/fisiatri/fisioterapisti, dell’Ospedale San Paolo
(dove lavoro) che sono sempre disponibile in caso di problemi. Li ringrazio
moltissimo per la loro elevata formazione e professionalità; il loro contributo
è sempre stato di fondamentale importanza. Grazie veramente!”
Rispondere a questo
questionario diventa una buona occasione per ringraziare un po’ tutti, amici,
familiari e persone che si occupano della nostra salute, della nostra
preparazione, che ci permettono di sperimentare benessere e performance
attraverso lo sport.
Si è capito che le coccole
per Giuseppe così per molti ultrarunner sono proprio le ore passate facendo
sport, mettersi le scarpette ai piedi e uscire per una corsetta di un’ora o 6
ore diventa una grande coccola, un tempo per sé, qualcosa che ti fa
sperimentare grande benessere psicofisico.
Con l’esperienza è cambiato il tuo modo di allenarti? “Per allenarsi non serve molta esperienza ma solo voglia di
soffrire, di sacrificarsi e di fare una scaletta delle priorità giorno dopo
giorno. Con l’esperienza ho imparato, o sto perlomeno cercando di farlo, ad
ascoltare gli stimoli che il corpo ci trasmette ogni qualvolta si fa uno sforzo
fisico più o meno intenso e prolungato. Uno dei miei limiti è sempre stato quello di voler strafare, di non mettere da
parte un appuntamento anche se in condizioni fisiche non al top. Adesso, anche
se ancora a fatica, ho capito quando è il momento di fermarsi. Nel tempo ho
imparato che spesso il riposo, o il riposo attivo, è più utile a lungo termine
di un allenamento massacrante. L’esperienza insegna ad ascoltare il proprio
corpo e a seguire i suoi dettami.”
E’ vero a volte è importante
fermarsi, per recuperare, per aspettare di recuperare bene per ripartire alla
grande con più consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti.
Curi la preparazione mentale? Coccole hanno posto
nella tua preparazione? “Mentalmente
non seguo nessun protocollo, sono istintivo, non mi faccio problemi che non
esistono; devo fare un lunghissimo di 6 ore? Lo affronto con tranquillità e
senza ansie. Vivo alla giornata cercando di trovare lo spazio per la mia grande
passione molte volte mi faccio in quattro pur di passare un oretta con le
scarpette.”
Quali sensazioni sperimenti prima, durante e dopo la
gara? “Per un corridore di endurance le
sensazioni che si provano dopo una corsa di svariate ore sono uniche e
indescrivibili. Sei stanco morto, disidratato, affamato, assetato, con i
muscoli di pietra, ma nel circolo sanguigno ci sono tassi di endorfine che
provocano un senso di calma, di appagamento e di benessere totale.
Durante le
gare, a differenza di molti colleghi che usano le cuffiette con musica per
distrarsi, sono concentrato sulla competizione, teso ad ascoltare le reazioni
del mio corpo e a controllare la cadenza tenuta. Nel pre-gara, soprattutto se
si tratta di gare di un certo livello agonistico, non nascondo di essere un po’
nervoso; ma basta la battuta dell’amico di turno per smorzare i toni e
ingannare l’attesa del colpo di pistola.”
Chiamateli pure masochisti
ma dietro e dopo una gara di endurance c’è un mondo, ci sono sensazioni vere,
c’è la vera vita, bisogna provarlo per crederlo e apprezzarlo. Altro che
pazzia, a volte la cura diventa l’ultramaratona, sempre con cautela e attenzione.
Hai un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno? “Sono juventino nel midollo e potrei citare la formazione che tra
poche ore si giocherà la Champions. Mi piace il calcio, lo segue sempre con
grande interesse e passione smodata. All'inizio della mia carriera seguivo
molto l’amico Gerry Di Napoli ma sinceramente se devo fare il nome di uno
sportivo-modello la scelta cade obbligatoriamente su Giorgio Calcaterra che ha
di gran lunga annichilito i record della Juve; se la memoria non mi tradisce il
taxista volante ha conquistato la dodicesima vittoria consecutiva al Passatore
sempre contro avversari (molto spesso più giovani) molto tosti e con
prestazioni cronometriche di grande spessore.
Un personaggio vero, atleta
esemplare, un ragazzo che saluta sempre per primo, che è disponibile per un
consiglio o una battuta. Un ragazzo che non si è montato la testa e che è in
grado di correre i 100 km del Passatore a meno di quattro minuti al km. E non
una volta nella vita, ma tutti gli anni da più di un decennio. Ho poi una
grande stima nei confronti del caro amico Marco Bonfiglio, bravissima persona,
disponibile, di grande compagnia di fronte a un buon gelato… pronta a dare
consigli e a mettersi in gioco in tutte le situazioni.”
Bella storia, Calcaterra meriterebbe
il Nobel della 100 km, nominato da tutti, fotografato con tutti, nella storia
Italiana della 100 km, Mister 100 km.
Una parola o una frase che ti aiuta a
crederci e impegnarti? “Non sono
scaramantico, non ripeto le stesse parole o frasi; però spostare il pensiero
verso immagini felici della mia famiglia mi aiuta tantissimo. Anche i ragazzi
di via Salieri (la via dove io abito) mi aiutano: un gruppo vero dove si
aggrega Amicizia e Sport TripRunner.”
Un’intervista a Giuseppe è riportata nel mio libro La 100km del
Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.
La 100 km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza: Cosa
significa correre una gara di 100 km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad
allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza? La 100 km del Passatore è una
classica e famosa gara di corsa a piedi da Firenze a Faenza. Lo stesso autore
ha partecipato a questa gara sperimentandosi e comprendendo cosa significa fare
sport per tante ore, andando incontro a crisi da superare, mettendo in atto
strategie per andare avanti e portare a termine la competizione.
È un libro che
racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che
hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste
aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da
avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione. Sono trattati aspetti della
psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità
e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli
obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro
dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
21163@tiscali.it +393804337230
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