martedì 24 aprile 2018

Nicolò Giannini: Taekwondo, l'arte marziale che mi appassiona ancora oggi

Il mio obiettivo più prossimo è sicuramente ottenere la cintura nera

Lo sport permette di mettersi in gioco, di apprendere sempre di più, di fidarsi e affidarsi, di fare progressi. Nicolò Giannini, Cintura rossa superiore, racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande. 
Ti sei sentito campione nello sport? “Ho avuto diverse soddisfazioni dallo sport ma non sono mai arrivato a sentirmi un vero e proprio campione.” 
Qual è stato il tuo percorso per diventare un Atleta? “Quando ero più piccolo non mi piaceva particolarmente fare sport, quindi ho provato a praticare nuoto per qualche mese per poi lasciarlo e non ho più fatto nessuno sport fino a 11 anni, quando ho iniziato a giocare a calcio come portiere. La mia esperienza calcistica però è durata solo un anno, e a 12 anni ho iniziato taekwondo, l'arte marziale che mi appassiona ancora oggi.” 
Chi contribuisce alla tua performance? “Sia il mio maestro, che cerca di darmi la carica in ogni situazione, anche quando non sento di non potercela più fare, ma anche me stesso, cercando di trovare sempre nuovi stimoli per dare il massimo ogni volta.” 

Qual è stata la gara più difficile? “Credo che la gara più difficile sia stata quella con me stesso. Infatti quando ho cominciato il mio percorso nel taekwondo la mia forma fisica andava assolutamente cambiata. Infatti ero piuttosto grasso e non essendo allenato ai tipi di esercizi di un'arte marziale, finivo subito tutte le energie. Pensi che ho imparato correttamente a svolgere i piegamenti sulle braccia dopo 2 anni e mezzo che andavo in palestra. Ma adesso sono contento di dove sono arrivato, anche se credo che non bisogna mai accontentarsi ma puntare sempre più in alto.” 
Quale esperienza ti dà la convinzione che ce la puoi fare? “3 anni fa, quando ero cintura blu, la mia associazione stava prendendo parte ad una manifestazione tra più arti marziale nel palazzetto dello sport di Velletri, ed ero presente anche io. Il mio compito era quello di rompere una tavoletta (in compensato) con un calcio laterale in volo, saltando delle sedie poiché lì non eravamo molto attrezzati. Ripensandoci adesso mi sembra una tecnica molto facile e anzi, probabilmente oggi riuscirei a romperne anche due insieme, ma in quel periodo non ero forte come adesso e avevo alcuni dubbi sul taekwondo, e quindi quando fu il mio turno, feci una promessa con me stesso: se fossi riuscito a spaccare la tavoletta svolgendo la giusta tecnica avrei continuato, altrimenti avrei smesso di praticamente questo sport. Se ancora oggi faccio taekwondo le lascio intendere come è finita la vicenda.”
 
Lo sport permette di sviluppare consapevolezza dei propri mezzi e capacità e dei propri limiti, permette di raggiungere risultati prestigiosi se c’è motivazione e passione. 
C’è un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva? “In palestra abbiamo una tradizione per la quale ogni ultimo allenamento prima delle vacanze di Natale e prima della pausa estiva, giochiamo a calcetto dentro la palestra, con una palla di spugna la più morbida possibile. Ovviamente i falli sono ammessi ma il maestro ci ricorda di andarci comunque piano. Inoltre il maestro ha sempre ragione, e se lui dice che è gol, che è rigore o qualsiasi altra cosa, si fa come dice lui. La squadra perdente alla fine dell’allenamento fa 50 piegamenti sulle braccia, a meno che non sia la squadra del maestro, altrimenti a farli sono tutte le altre squadre.”
Quali sensazioni sperimenti nello sport: allenamenti, pregara, gara, post gara? “Durante gli allenamenti, oltre la stanchezza sempre presente, la sensazione che provo più spesso è la voglia di fare sempre di più, accompagnata dai conati di vomito. Per le gare non posso dire molto poiché ne ho fatta solamente una durante tutta la mia carriera sportiva. Questo perché i miei maestri non danno molta importanza alle gare, infatti quest'ultime sono molto poco frequenti e sempre con le stesse associazioni, e durante le gare si pratica uno sport diverso dal taekwondo tradizionale: il taekwondo olimpico, dove si possono dare solo pugni dritti e solo in faccia, ed è di tipo light contact, dove a ogni tecnica viene assegnato un punteggio. Anche secondo me le gare sono piuttosto inutili se sono strutturate in questo modo, perché “irrealistiche” e perché hanno bisogno di allenamenti specifici diversi da quelli che facciamo di solito, facendole sembrare appartenenti a un altro sport diverso dal nostro. Comunque l'unica volta che ho partecipato ad una gara, due anni fa, ero molto teso, ma avevo anche tanta voglia di vincere. Alla fine ho perso al primo turno, sono stato ammonito per eccessiva violenza e ho scoperto che la giuria che assegnava i punti era della stessa associazione del mio sfidante. Comunque colui che mi ha battuto ha vinto tutte gli altri combattimenti e si è qualificato campione d’Italia. Ho riguardato il video della mia disfatta più volte, e mi sono accorto che non c'erano scuse. Non avevo combattuto al meglio e c'era ancora molto da migliorare.”
 
E’ importante farsene una ragione, accettare i propri limiti, c’è tempo per imparare e per diventare campioni con allenamento e impegno accanto a passione e motivazione con l’aiuto di bravi maestri che ti stanno accanto non solo per allenarti ma anche per interessarti a te.
Quali sono difficoltà e rischi? “Credo che le difficoltà più grandi siano nei calci più difficili, che sanno fare solo in pochi. Ad esempio i cosiddetti 540° e 720°, o i calci fintati all'indietro e circolare, per i quali ci vuole molta pratica ed esperienza prima di poterli eseguire al meglio. I rischi invece credo siano gli infortuni, molto frequenti in questo sport, sia perché si allenano tutti i muscoli del corpo, sia perché si combatte spesso, e sia perché le gambe soprattutto sono sempre sotto un forte stress. Infatti basta un calcio tirato con la tecnica sbagliata, o uno stretching troppo breve prima, o un atterraggio sbagliato, per cui ti puoi procurare un infortunio tale da restare a casa qualche mese.” 
Come superi eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Riguardo le crisi e le sconfitte non sono un tipo che si scoraggia facilmente, quindi non ho mai avuto vere e proprie crisi, e invece riguardo gli infortuni faccio semplicemente quello che il medico mi dice di fare. Il mio infortunio più “importante” è stata un'artrite alle ossa del bacino causata dalla crescita, che mi ha tenuto fermo per diversi mesi, facendomi anche saltare un esame. Infatti se non fosse stato per quell'infortunio sarei già diventato cintura nera da tempo.” 
Quale può essere un messaggio per avvicinare i ragazzi allo sport? “Personalmente credo che coloro che non fanno sport non hanno voglia di farlo per carattere o non lo fanno perché ancora non hanno trovato lo sport più adatto a loro. Per la prima categoria di persone non c’è molto da fare, poiché gli manca in primo luogo la volontà, mentre il messaggio migliore per le persone che ancora non hanno trovato il proprio sport sarebbe cercare di provarne il più possibile, e andare a tentativi finché non sapranno riconoscere quello giusto per le proprie capacità e passioni.” 
C’è stato il rischio di incorrere nel doping? “No, mai. Nella nostra associazione il doping non è assolutamente incoraggiato.” 
Quale può essere un messaggio per sconsigliarne l’uso? “Anche questo secondo me è un discorso molto soggettivo. Chi ha voglia di fare uso di sostanze dopanti lo fa a discapito di qualsiasi cosa gli si dica e senza pensare alle conseguenze. L'unico modo per cercare di arginare il problema è semplicemente sconsigliarne l'uso spiegando gli effetti negativi che tali sostanze hanno sul nostro corpo, poi da lì sta al buon senso di ogni atleta se continuare o no a doparsi.” 
Famigliari e amici cosa dicono del tuo sport? “Mio padre e il mio fratello più grande sono entrambi cinture nere di taekwondo, mentre il mio altro fratello si è fermato quando è arrivato alla cintura blu. Mia madre ancora sbaglia il nome dell'arte marziale e addirittura alcune volte pensa che io pratichi judo. Ho provato a far avvicinare alcuni miei amici al mio sport ma senza grande successo, infatti non sono andati più avanti della cintura gialla.” 
Cosa hai scoperto di te stesso nel praticare sport? “Di me stesso ho scoperto che mi piace pormi degli obiettivi da solo, da realizzare entro un certo periodo di tempo per sentirmi soddisfatto al compimento di tali obiettivi, e che cerco sempre di superare i miei limiti, anche se questo a volte significa sentirmi male durante l’allenamento e avere forti dolori nei giorni successivi. Ma alla fine ne vale sempre la pena, perché so che ogni giorno divento sempre più forte e resistente.” 
 
Lo sport ti permette di stabilire obiettivi e mete da raggiungere con l’impegno costante e la determinazione portando a compimento propri progetti e traendone grandi soddisfazioni quando si ottiene il risultato atteso. 
Ritieni utile lo psicologo dello sport? “Certo. Prima di tutto credo che ogni lavoro esistente ha ragione di esistere, altrimenti non esisterebbe. Lo psicologo sportivo può aiutare gli atleti a superare le proprie crisi interiori, che possono essere causate da motivi o sconfitte personali, e può anche aiutarli a superare l'uso di sostanze dopanti ad atleti che purtroppo ne sono diventati utilizzatori accaniti.” 
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi? “Il mio obiettivo più prossimo è sicuramente ottenere la cintura nera, e magari più avanti chi lo sa, aprire una mia palestra e insegnare la mia arte marziale ai miei futuri allievi.”

Obiettivi sfidanti ma realizzabili per un atleta che ci crede e che ha una tradizione solida al punto da poter trasferire ciò che apprende agli altri e continuando a diffondere uno sport da praticare per il proprio benessere e anche per la performance.

Matteo SIMONE                                                                       
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html

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