Matteo SIMONE
Sto continuando ad approfondire il mondo degli ultrarunner fatto di fatica e soddisfazioni, programmi, obiettivi, percorsi, viaggi interiori.
Sto continuando l'approfondimento sia in modo diretto,
partecipando ad alcune gare, sia attraverso interviste, racconti e
testimonianze da parte di atleti di queste discipline di sport di endurance e
di ricerca personale.
Il fantastico mondo degli ultrarunner,
persone che non si stressano ma partecipano e arrivano silenziosamente al
traguardo incontrando tanta gente lungo i loro viaggi, i circuiti da ripetere
tante volte; sempre in cerca di podi ma non solo, a volte basta anche una
medaglia, un attestato, a volte meglio di tutto sono le parole di stima e
rispetto che si portano a casa perché ognuno fa il suo, quello che può fare con
le proprie possibilità e modalità, un mondo di persone bizzarre, straordinarie
e sorprendenti sempre pronte a evidenziare il meglio degli altri senza giudizi,
a consigliare, a suggerire.
Questo è lo sport che vogliamo, questo è
il treno che tutti vorrebbero prendere, ognuno è capo treno di se stesso ma a
volte meglio fidarsi e affidarsi a qualcun altro più esperto, più saggio, più
pacato.
Incontrarsi, fidarsi e affidarsi, nel
bizzarro, sorprendente e fantastico mondo degli ultrarunner. E' quello che
sperimentano in tanti, un tuffo nel vuoto ma poi ti accorgi che sono in tanti a
condividere fatica, preoccupazioni e timori, così come sono in tanti a porgerti
una mano, un aiuto.
Chiamateli pure masochisti o incoscienti
ma in realtà a spingere a fare sport di endurance come Ultramaratone faticando
anche nelle salite è il benessere che si sperimenta, un benessere particolare
che agisce sulla testa e si diffonde per tutto il corpo e rimane ancorato nella
propria anima come un'arma da utilizzare nelle situazioni più difficili
emotivamente.
In effetti è risaputo e sperimentato che
lo sport rende felici, incrementa consapevolezza, sviluppa autoefficacia
consolidando la fiducia in se stessi di poter far qualcosa, di riuscire in
qualcosa, inoltre lo sport incrementa la resilienza, si affrontano e si
superano meglio i problemi, le crisi, le difficoltà, si è più attenti e
gentili.
Interessante
la testimonianza di Vincenzo Luciani: Cosa significa per te
essere ultramaratoneta? “Un motivo di
orgoglio e di autostima; l’acquisizione di una mentalità da ultramaratoneta nel
senso di capacità di autoregolazione delle proprie energie fisiche e di
autocontrollo psichico sperimentato sulla lunga durata della prestazione
sportiva; una capacità di saper “soffrire”, tener duro e saper resistere ad uno
sforzo prolungato.”
Vincenzo è stato uno dei primi ultramaratoneti che ho conosciuto anni fa, quando ancora era
temuta la maratona e le ultramaratone sembravano qualcosa di inavvicinabile. La
sua società sportiva Atletica del Parco, di cui Vincenzo era presidente, era la
prima squadra di ultramaratoneti che io conoscevo, atleti che mi parlavano del
Passatore, del caldo, delle flebo, dei piatti alla 5^ partecipazione del
passatore, dei cibi, della 50km di Romagna. Vincenzo ha portato con lui tanti
atleti a sperimentarsi nelle lunghe distanze.
Interessante
anche la testimonianza di Roberto d’Uffizi: Cosa ti
motiva ad essere ultramaratoneta? “Lo
sforzo organico prolungato nel tempo e il dover in qualche modo farvi fronte
anche per mezzo della mente, rappresentano un’ottima scuola di vita per
affrontare positivamente e costruttivamente gli imprevisti che ci capitano
davanti nella vita di tutti i giorni: le mie motivazioni sono quindi anche
indipendenti dall’aspetto sportivo.”
Si parla di scuola di vita, di una modalità di apprendere dall’esperienza
dello sport.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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