A
Kinlochleven in Scozia si svolgerà, dal 13 al 15 settembre 2018, il campionato
mondiale Skyrunning. Sono previste 3 discipline di skyrunning: Vertical, Skyrace
e Ultra. Le gare sono aperte sia a singoli che a squadre nazionali. Verranno
assegnati titoli e medaglie mondiali individuali in ogni disciplina e un titolo
combinato basato sui migliori risultati delle gare Vertical e Skyrace.
La
prova Ultra “Salomon Ben Nevis Ultra” avrà
luogo il 14 settembre 2018, distanza: 52 km, dislivello verticale: 3.820 metri,
punto più alto: 1345 m, tempo limite 16 ore.
Di seguito, Francesca racconta le sue impressioni e sensazioni pre mondiale rispondendo ad alcune mie domande: Come stai vivendo questo premondiale? Allenamenti e gare mirate? “In realtà questo mondiale non è proprio adattissimo a me, perché la distanza è solo 50 km. L’altro problema è che come Katia anch’io avrò nelle gambe i 170 km di UTMB, quindi diciamo che la strada sarà parecchio in salita. In quanto a preparazione, appunto terrò buona quella fatta finora, prima che uscisse il problema al tendine avevo fatto dei buoni carichi che stavano dando risultati.”
Francesca
è abituata a fare gare della distanza superiore ai 100km di percorsi trail,
riesce a dare il meglio in gare dalle 100 miglia ai 350 km dove si tratta di
mettere in atto non solo fisicità e talento ma anche strategie mentali che
possano fare affrontare ore e ore di gare con privazione del sonno, gestione
dell’abbigliamento e dell’integrazione alimentare, focalizzazione sulla gara
lunghissima. Francesca è la campionessa italiana di UltraSkyMarathon avendo
vinto quest’anno l’UltraSerra di Celano, competizione di corsa in montagna in regime
di semi-autosufficienza di 83 km e un dislivello positivo di circa 5800 m. La
strada che porta ai mondiali è in salita dice Francesca anche perché c’è di
mezzo l’UTMB che è una sorta di mini olimpiadi dove i migliori atleti di tutto
il mondo sarà presente per mettersi alla prova e confrontarsi, infatti sarà
presenta anche Katia Fori, un’altra atleta convocata per la prova Ultra al
mondiale. L’UTMB: circa 171 km per 10 000 m D+, regime di semi-autosufficienza, tempo limite
di 46:30 ore. Pertanto, bisogna continuare ad allenarsi e gareggiare da una
parte con l’impegno e la responsabilità della maglia azzurra e dall’altra
portando avanti comunque progetti ambiziosi che fanno crescere come persona e
come atleta quali possono essere la partecipazione all’UTMB.
Ti senti sicura?
“Sicura? No, non mi sento mai sicura. Ho un basso
profilo mentale. Tuttavia so che il mio corpo, tendine a parte adesso, è
organicamente piuttosto solido e so che se resto serena nel cervello,
normalmente mi porta in fondo dignitosamente anche quando le cose non sembrano
particolarmente favorevoli.”
Francesca
sembra essere molto modesta e onesta con se stessa e con gli altri, ma in
effetti se nella sua mente ci possono essere dei sabotatori che frenano
l’atleta, oltre a un’elevata consapevolezza delle sue capacità e limiti, poi c’è
un corpo che può essere ini grado di fare delle cose oltre ogni razionalità ma
sulla base delle precedenti esperienze di successo avendo memorizzato forza e
resistenza per andare avanti senza indecisioni e sembra quello che comunque sta
dimostrando anche in questo ultimo periodo avendo vinto anche il Bettelmatt
Trail in Val Formazza in 7h48’20”, gara di 52 Km (3.296 m D+). Pertanto come
dice lei, se vuole può serenamente fare cose grandi.
Quando
si tratta di far parte di una squadra avendo obiettivi individuali e di squadra
è importante la conoscenza di tutti i componenti e cercare di arrivare alla
partenza con intenti chiari e condivisi rappresentando la propria nazione e
cercando di fare comunque il proprio meglio individualmente e di squadra: È affiatata la squadra Italia? “Non ho idea
se la squadra sia affiatata, io non avevo potuto presenziare al raduno perché
era nel periodo in cui ero sotto antibiotici, ma per quanto ho visto finora
nelle mie precedenti esperienze, la bandiera può fare grandi cose, unisce e
motiva, quindi sono fiduciosa. A prescindere dall’affiatamento comunque, ognuno
di noi farà del proprio meglio come abbiamo sempre fatto, ed è questo secondo
me il punto fondamentale.”
Una
volta decisa la rosa degli atleti da convocati, il lavoro continua non solo per
gli atleti ma anche per la dirigenza cercando di fare in modo che ogni atleta
si senta supportato, sostenuto, coccolato e che l’intero gruppo possa avere delle
opportunità per conoscersi e affiatarsi in modo da partire sereni e consapevoli
verso la meta per mettersi in gioco onestamente dando il massimo individualmente
e come squadra: Si può fare ancora meglio tra di voi da
sole/soli o con tecnici, dirigenza, esperti? “I rapporti
con tecnici ecc., secondo me funziona se c’è un pregresso, che però spesso è difficile
perché abitiamo sempre tutti distanti da tutti. Però indubbiamente presentarsi
a un evento potendo contare su uno staff che si occupa di tutto toglie un po’
di peso dalle spalle e permette di risparmiare energia. Credo inoltre che nello
specifico di questo caso, grazie alla passione di Roberto Mattioli e alla
professionalità del dott. Roi siamo in ottime mani. Quindi non resta che darvi
dentro.”
Dietro
l’atleta e una squadra c’è un mondo di persone e di professionisti fatto di familiari,
amici, fan, tecnici e staff psico medico. Ringrazio Francesca per la sua disponibilità
a raccontare già dimostrata da qualche anno che mi ha permesso di scrivere tanti
articoli per far conoscere questo mondo nascosto e bizzarro degli ultrarunner.
Nel mio libro “Ultramaratoneti e gare estreme”
riporto un’intervista a Francesca Canepa.
https://www.amazon.it/Ultramaratoneti-gare-estreme-Matteo-Simone/dp/8874189443Psicologo, Psicoterapeuta
380-4337230 - 21163@tiscali.it
http://www.mjmeditore.it/autori/matteo-simone
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html
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