La Brasil 135 a gennaio per
chiudere il cerchio delle 7 ultra più dure al mondo
Matteo SIMONE
Gli organizzatori di gare estreme sono sempre alla ricerca di percorsi e condizioni più dure ed estreme per attirare atleti e team a partecipare, a mettersi in gioco.
Di seguito Simone Leo, alla ricerca
di gare estreme, racconta la sua esperienza di finisher rispondendo ad alcune mie domande, lui che l’hanno scorso
è stato finisher anche all’A.S.A, una
gara di 490km in autosufficienza il cui percorso è Atene, Sparta e ritorno ad
Atene.
Come hai deciso di fare questa
gara? “Era una bella sfida e mi
mancava nell'elenco delle gare che sognavo!”
Come trasformi questa esperienza in insegnamenti per te e per gli
altri? “L'insegnamento è sempre
quello di non mollare mai nonostante le difficoltà.”
Una delle gare considerate più estreme è la Badwater che si svolge nella valle della morte dove la temperatura atmosferica supera i 50° e la lunghezza della gara è di 135 miglia, cioè 217 km e dove si tratta si attraversare anche alcune catene montuose.
Hai avuto particolari problemi o criticità? “Ovviamente il gran caldo, che non si può raccontare. 54 gradi sono una cosa che non è spiegabile. Come stare in un forno, il ghiaccio che non basta mai, le mani gonfie, l'orologio che brucia, le gambe pure, insomma un inferno!”
L’anno scorso l’italiano Marco Bonfiglio è arrivato 2°, alcuni altri italiani sono riusciti a terminare la gara dove è obbligatorio l’assistenza personale di un proprio team e la gara è aperta a 100 concorrenti atleti selezionati, quest’anno tre italiani hanno preso parte alla gara e tutti e tre l’hanno portata a termine e uno di loro il mitico Michele Graglia l’ha vinta.
L’anno scorso l’italiano Marco Bonfiglio è arrivato 2°, alcuni altri italiani sono riusciti a terminare la gara dove è obbligatorio l’assistenza personale di un proprio team e la gara è aperta a 100 concorrenti atleti selezionati, quest’anno tre italiani hanno preso parte alla gara e tutti e tre l’hanno portata a termine e uno di loro il mitico Michele Graglia l’ha vinta.
Che sapore ti
lascia? “Sapore dolce dell'avercela
fatta nonostante le crisi e le difficoltà e anche un po' di orgoglio per essere
riuscito, con i miei amici, a fare tre italiani su tre finisher.”
Hai fatto incontri particolari? “No, a parte i 99 pazzi che hanno corso la
gara e tre coyote sotto il balcone del resort alla partenza.”
Molti atleti ultrarunner sono alla ricerca di se stessi, di comprendere quanto
valgono, quanto si conoscono, come superano crisi e imprevisti, come riescono
ad andare sempre avanti nonostante tutto.
Cosa
racconti a casa e agli amici? “Più
che altro chiedono loro, fanno domande sulle crisi, sulla corsa, vogliono
aneddoti e ad ogni gara ci sono tantissime cose da raccontare in effetti!”
E' andato tutto come previsto? “Potevo chiudere la gara in 39 ore ma le
crisi mi hanno portato a chiuderla in 42, va bene così.”
Gare per ultrarunner diventano
esperienze forti e occasioni per sperimentarsi, per far squadra soprattutto
quando si tratta di affrontare insieme le criticità e le difficoltà.
Le sensazioni e le emozioni che più ti
restano addosso? “L'amicizia e la
condivisione con i ragazzi del mio team.”
Cosa hai respirato? Sentito? Percepito? “Amicizia, ammirazione, tifo da casa, affetto. Tutto veramente
bellissimo.”
Alcuni atleti ultrarunner sono sempre alla ricerca delle gare più lunghe, più
dure, più estreme.
Prossime gare?
Obiettivi e sogni da realizzare? Anticipazioni? “Brasile a gennaio, la Brasil 135 a gennaio per chiudere il cerchio
delle 7 ultra più dure al mondo, poi si vedrà!”
Matteo SIMONE
Autore di libri di psicologia e sport
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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